Regione Veneto
Accedi all'area personale
Seguici su
Cerca

Storia

Le origini, il nome, lo stemma, pubblicazioni di interesse e altre curiosità sulla storia del Comune.

Villa Setten
Villa Setten

Toponomastica

Il Comune di Mansuè si compone di una frazione, Basalghelle, e di alcune località: Cornarè, Rigole e Fossabiuba.
Quando un luogo ha un nome, non è mai per caso.

Mansuè deriva probabilmente da “mansio”, stazione di tappa lungo la strada romana, oppure centro agricolo dei Cavalieri Templari cui subentrarono, dopo l’estinzione forzata dell’Ordine nel 1312, i Cavalieri del Sovrano Militare Ordine di Malta. Mansuè avrebbe potuto essere un luogo di transito fra i due importanti centri templari di Tempio (Ormelle) e San Giovanni del Tempio (Sacile).

Per Basalghelle, il toponimo trae origine dalla destinazione del luogo stesso. Denominazioni simili non sono rare nella nostra regione (Baselega, Trebaseleghe, Basaldella) e significano “basilica, luogo sacro”. D’altra parte, radici e suffissi in “ego, ago” (Rasego, Orsago, Maniago), oppure in “igo” (Francenigo, Polcenigo), sono di origine celtica e risentono del gradito friulanismo “aghe”, cioè acqua. Entrambe le derivazioni sembrano dunque appropriate e rispecchiano le peculiarità della frazione, attraversata dal fiume Rasego e vicina all’alveo del fiume Livenza, che lambisce i “Pra dei Gai”, area protetta di interesse naturalistico ed ambientale.

(testo tratto da”Mansuè, L’evoluzione della crescita”, Annalisa Fregonese, 1990)

Storia

Le prime testimonianze in loco risalgono alla presenza dei Veneti, tribù originariamente nomadi, poi sedentarie, provenienti dai territori indoeuropei.
Probabilmente a loro si deve la prima proto navigazione dei fiumi degli attuali Veneto e Friuli Venezia Giulia e la costruzione di collinette artificiali denominate “Casteir”. Si prenda il caso del fiume Livenza. Esso costituiva l’unica via veloce e facilmente percorribile che potesse collegare il mare Adriatico con l’entroterra. All’epoca, il Nord Italia era completamente ricoperto da bosco fitto e presto s’impose la necessità di proteggere il corso del fiume Livenza, fortificandolo.

Una serie di collinette artificiali costruite sulle sponde destra e sinistra del fiume (Polcenigo, Sacile, Cavolano, Francenigo, Brugnera, Albina, Campomolino, Mansuè) costituivano un valido sbarramento per eventuali incursioni dal mare. Questi “Casteir” potevano comunicare tra loro con segnali di fumo o fuoco, a seconda che il pericolo si presentasse di giorno o di notte.

Nel III secolo a.C. il territorio fu conquistato dai Romani che fondarono la città limitrofa di Opitergium (attuale Oderzo) e il porto di Septimum de Liquentia (attuale Portobuffolè). Mansuè divenne crocevia di passaggio delle merci da e per Oderzo, considerato l’importante fatto che il fiume Livenza veicolava il trasporto di beni e persone dal mar Adriatico al continente europeo.

A seguito del crollo dell’Impero Romano (V secolo d.C.) tutto il Nord Italia fu assoggettato alla ferocia e alla violenza delle invasioni dei popoli barbarici. A partire dal VIII secolo, il monachesimo benedettino cominciò ad insediarsi nel territorio, tanto che saranno ben cinquantacinque i monasteri che sorgeranno nelle diocesi di Ceneda e di Treviso. Il massimo della prosperità si raggiunse tra i secoli XI – XII. I monaci si dedicarono ad importanti attività: bonifica dei terreni abbandonati dopo le invasioni ungare; spirito di iniziativa nel risollevamento della lavorazione della terra; stimolazione spirituale e sociale nella fondazione di parrocchie e paesi.
La presenza dei Benedettini a Mansuè è testimoniata dalla Chiesetta dei Santi Mauro e Macario e dall’ex monastero delle Baite, a Basalghelle.

Nel corso del Basso Medioevo, sul territorio affermò il suo prestigio la famiglia dei Da Camino, originaria di Treviso. Storicamente parlando, questo è il periodo dell’istituzione della Signoria. In particolar modo, le figure di Gaia Da Camino e del marito Tolberto, furono significative in primis per Portobuffolè, che divenne la loro residenza ufficiale, e conseguentemente per Mansuè, in quanto è ragionevole pensare che orbitasse intorno a questo proto agglomerato urbano in funzione del suo porto e dei possibili scambi di beni.

Gaia Da Camino è citata da Dante nel XVI Canto del Purgatorio. Così la descrive: “Nobile, prudente ed onesta domina Gaia”. La presenza dei Caminesi avviò l’arricchimento e l’acculturazione delle comunità presenti in loco.
Nel 1339 la Serenissima Repubblica di Venezia sconfisse i Da Camino e pose sotto la sua egida tutti i loro possedimenti. Quello di Venezia sarà un dominio lungo –annientato solo dall’avvento di Napoleone – e continuato, eccezion fatta per alcune brevi parentesi. I Veneziani sono da sempre mercanti e il porto fluviale di Portobuffolè venne implementato. Da qui iniziava la Via dei Sali che collegava il Mar Adriatico con il Nord Europa. Parte della Via dei Sali attraversava il territorio di Basalghelle. Portobuffolè divenne uno dei centri economici più importanti della zona. Qui giunsero a risiedere banchieri, commercianti, avvocati, notai, medici e una piccola comunità ebraica, atta ai prestiti finanziari. Mansuè doveva necessariamente gravitare intorno ad un polo così forte. Sarà più di un’ipotesi credere che la popolazione mansuetana, dedita all’agricoltura e alla pastorizia, scambiasse con i mercanti veneziani i suoi prodotti, ricavandone sussistenza.

Nel 1805 il territorio di Mansuè, come tutto il Veneto, fu incluso nel nuovo Regno d’Italia con Napoleone sovrano. Costui diede alla regione un diverso assetto amministrativo, istituendo i Comuni e raggruppandoli in dipartimenti (equivalenti delle attuali province). Mansuè e Basalghelle divennero entrambi Comuni dipendenti dal Dipartimento del Tagliamento, l’odierna provincia di Treviso. Il Dipartimento era diviso in 19 circondari. Quello di Portobuffolè includeva Basalghelle, suddiviso in: Basalghelle, Baite di Basalghelle, Cornarè, Rigole e Mansuè, suddiviso in: Mansuè, Baite di Mansuè, Fossabiuba, Villa Longa, Tessere.

Il 31 dicembre 1805 il paese prende definitivamente il nome di Mansuè.

Nel 1815, a seguito del Congresso di Vienna, il Veneto viene ceduto all’Austria e fu costituito il Regno Lombardo Veneto. Durante la dominazione austriaca, la popolazione era costretta a condizioni di miseria, ormai dimenticata l’opulenza della Serenissima: imposte altissime, si osteggiava l’iniziativa economica e il libero scambio. Il porto di Portobuffolè venne smantellato, a favore di un più lento e ridotto commercio su strada. I veri governatori erano l’esercito e la polizia.

La seconda metà del XIX secolo si apre con la proclamazione dell’Unità d’Italia e quanto segue è storia comune: le due Guerre mondiali; le emigrazioni verso l’Europa, le Americhe, l’Australia; la ripresa economica degli anni Sessanta e Settanta, l’attualità odierna.

(testo tratto da”Mansuè, L’evoluzione della crescita”, Annalisa Fregonese, 1990)

I castellieri di Pra' dei Gai e l'allineamento ai solstizi

di Annalisa Fregonese

Nella pianura che si estende lungo il corso medio del fiume Livenza s’incontrano talvolta dei castellieri o mutére, come queste collinette vengono chiamate nel dialetto trevigiano.

Negli anni Novanta del secolo scorso una sessantina di queste mutére è stata studiata dal professor Giuliano Romano, ordinario di Storia dell’Astronomia all’Universitaria. Precursore in Italia dell’Archeoastronomia, il professor Giuliano Romano indagò le mutére in collaborazione con il professor Anthony F. Aveni della Colgate University di New York.

L’indagine, impostata su misure eseguite con un teodolite, trattata poi con metodi astronomici e soprattutto con l’analisi statistica, ebbe quale scopo quello di provare l’intenzionalità della costruzione di questi allineamenti. Il territorio esaminato venne suddiviso in “distretti”, cioè in zone nelle quali le mutére esistenti erano tutte intervisibili; sono stati quindi misurati gli azimut astronomici, cioè le distanze angolari dal vero Nord, di tutti i possibili allineamenti che si possono ottenere congiungendo una con l’altra le varie strutture del medesimo distretto. Della sessantina di strutture indagate, ben 17 presentano allineamenti solari e di questi 11 sono sui solstizi.

Nel territorio di Mansué sono presenti due strutture: la Mutèra del Rasego e il Castelìr di Pra' dei Gai.

La Mutèra non è mai stata indagata dagli archeologi; si trova in fregio al torrente Rasego, affluente del fiume Livenza. Il topònimo ha radici celtiche: i suffissi in “aghe”, “ego”, nella lingua celtica significa acqua.

A circa un km di distanza da questa Mutèra ne esiste un’altra, ben più possente ed elevata; è il Castelìr di Prà dei Gai, che sorge addentro al vastissimo bacino alluvionale del fiume Livenza (circa 700 ha). Seguendo le orme del professor Romano, ipotizzando l’allineamento ai solstizi, ho chiesto al Gruppo Astrofili di Ponte di Piave, nelle persone di Paolo Campaner ed Enzo Vanzin, di eseguire una misurazione in proposito. L'attività è stata eseguita nel dicembre 2019, confermando nelle coordinate azimutali da Nord 118° circa, l’allineamento al solstizio d’Inverno. Il che fa ragionevolmente supporre come la Mutèra del Rasego venisse utilizzata dai Veneti Antichi (fine dell’Età del Bronzo, Età del Ferro IV-III sec. a.C., vedasi zone archeologiche nell’Alto Livenza, Monte Castelir in comune di Cordignano, Treviso) per l’osservazione dei Solstizi, con l’astro nascente dietro al Castelìr di Pra’ dei Gai. Se la prudenza è d’obbligo, non essendovi reperti archeologici in situ che possano dare diretta conferma dell’ipotesi, è tuttavia plausibile rilevare come sia statisticamente inusuale che le due strutture risultino allineate per puro caso.

Si può ritenere che le antiche genti stanziate in tali plaghe, assai attente all’osservazione dei fenomeni astronomici, all’andamento delle stagioni, al meteo che condizionava i raccolti, determinando carestia o abbondanza con ripercussioni dirette sull’esistenza stessa della comunità, avessero colto come, salendo sulla Mutèra del Rasego, si potesse osservare direttamente il sole sorgere dietro al Castelìr. E come questa collinetta, che può essersi formata con riporti alluvionali del fiume (ricordiamoci che all’epoca le arginature non esistevano), sia stata consolidata ed elevata, trasformata in un luogo d’osservazione.

È certo che il Castelìr sia stato risagomato alla base. L’altura è ben visibile da lontano, sopra vi è stata costruita una casa. È l’unico sito di Pra’ dei Gai che non viene sommerso quando la golena si allaga delle acque del Livenza.

In comune di Gaiarine, distante circa 3 km, c’è la Mutèra di Campomolino. L’azimut misurato dal professor Romano in questo sito è risultato corrispondente al sorgere di astri aventi la declinazione pari a +23°5, la direzione cioè del solstizio d’estate. Infine nella vicina città di Oderzo, in località Colfrancui, è presente una Mutèra più volte indagata dagli archeologici. L’origine è paleoveneta, la struttura venne utilizzata anche dai Romani. Le misure eseguite su questa struttura hanno dimostrato come, «un terrapieno sia diretto sul punto dell’orizzonte in cui leva il Sole nel solstizio d’inverno; un altro invece punta verso la Luna quando essa si trova nel suo punto di stazione che raggiunge ogni 18.6 anni. La direzione di un fossato – annotò il professor Romano – è invece quella della levata del Solstizio estivo».

I Veneti Antichi collocavano i loro santuari vicino all'acqua. Riprova ne è l'importante sito archeologico di Làgole, sito a valle del paese di Calalzo di Cadore in provincia di Belluno. Si è a conoscenza nei Veneti Antichi, del culto dell'acqua medicamentaria (o per lo meno ritenuta tale), mediante la quale la divinità interveniva dando la guarigione.

Le mutère e i castellieri, compresi quelli presenti nel territorio di Mansué, sono stati riportati in modo sistematico nella cartografia nel corso dei secoli. Illustrati con dovizia di particolari ad esempio nella Kriegskarte, la carta di Anton von Zach rilevante il Ducato di Venezia durante l’Impero Austroungarico, redatta dal 1798 al 1805.

In realtà queste presenze erano ben più numerose, molte sono scomparse travolte dalla falce dell’antropizzazione sfrenata. Ciò che rimane, come le due preziose strutture di Mansuè, costituisce testimonianza preziosa da custodire e valorizzare, considerato che risalgono a migliaia d'anni fa, voci di un passato remoto ed importante.

Ultima modifica: mercoledì, 18 dicembre 2024

Quanto sono chiare le informazioni su questa pagina?

Valuta da 1 a 5 stelle la pagina

Grazie, il tuo parere ci aiuterà a migliorare il servizio !

Quali sono stati gli aspetti che hai preferito? 1/2

Dove hai incontrato le maggiori difficoltà? 1/2

Vuoi aggiungere altri dettagli? 2/2

Inserire massimo 200 caratteri