di Annalisa Fregonese
Nella pianura che si estende lungo il corso medio del fiume Livenza s’incontrano talvolta dei castellieri o mutére, come queste collinette vengono chiamate nel dialetto trevigiano.
Negli anni Novanta del secolo scorso una sessantina di queste mutére è stata studiata dal professor Giuliano Romano, ordinario di Storia dell’Astronomia all’Universitaria. Precursore in Italia dell’Archeoastronomia, il professor Giuliano Romano indagò le mutére in collaborazione con il professor Anthony F. Aveni della Colgate University di New York.
L’indagine, impostata su misure eseguite con un teodolite, trattata poi con metodi astronomici e soprattutto con l’analisi statistica, ebbe quale scopo quello di provare l’intenzionalità della costruzione di questi allineamenti. Il territorio esaminato venne suddiviso in “distretti”, cioè in zone nelle quali le mutére esistenti erano tutte intervisibili; sono stati quindi misurati gli azimut astronomici, cioè le distanze angolari dal vero Nord, di tutti i possibili allineamenti che si possono ottenere congiungendo una con l’altra le varie strutture del medesimo distretto. Della sessantina di strutture indagate, ben 17 presentano allineamenti solari e di questi 11 sono sui solstizi.
Nel territorio di Mansué sono presenti due strutture: la Mutèra del Rasego e il Castelìr di Pra' dei Gai.
La Mutèra non è mai stata indagata dagli archeologi; si trova in fregio al torrente Rasego, affluente del fiume Livenza. Il topònimo ha radici celtiche: i suffissi in “aghe”, “ego”, nella lingua celtica significa acqua.
A circa un km di distanza da questa Mutèra ne esiste un’altra, ben più possente ed elevata; è il Castelìr di Prà dei Gai, che sorge addentro al vastissimo bacino alluvionale del fiume Livenza (circa 700 ha). Seguendo le orme del professor Romano, ipotizzando l’allineamento ai solstizi, ho chiesto al Gruppo Astrofili di Ponte di Piave, nelle persone di Paolo Campaner ed Enzo Vanzin, di eseguire una misurazione in proposito. L'attività è stata eseguita nel dicembre 2019, confermando nelle coordinate azimutali da Nord 118° circa, l’allineamento al solstizio d’Inverno. Il che fa ragionevolmente supporre come la Mutèra del Rasego venisse utilizzata dai Veneti Antichi (fine dell’Età del Bronzo, Età del Ferro IV-III sec. a.C., vedasi zone archeologiche nell’Alto Livenza, Monte Castelir in comune di Cordignano, Treviso) per l’osservazione dei Solstizi, con l’astro nascente dietro al Castelìr di Pra’ dei Gai. Se la prudenza è d’obbligo, non essendovi reperti archeologici in situ che possano dare diretta conferma dell’ipotesi, è tuttavia plausibile rilevare come sia statisticamente inusuale che le due strutture risultino allineate per puro caso.
Si può ritenere che le antiche genti stanziate in tali plaghe, assai attente all’osservazione dei fenomeni astronomici, all’andamento delle stagioni, al meteo che condizionava i raccolti, determinando carestia o abbondanza con ripercussioni dirette sull’esistenza stessa della comunità, avessero colto come, salendo sulla Mutèra del Rasego, si potesse osservare direttamente il sole sorgere dietro al Castelìr. E come questa collinetta, che può essersi formata con riporti alluvionali del fiume (ricordiamoci che all’epoca le arginature non esistevano), sia stata consolidata ed elevata, trasformata in un luogo d’osservazione.
È certo che il Castelìr sia stato risagomato alla base. L’altura è ben visibile da lontano, sopra vi è stata costruita una casa. È l’unico sito di Pra’ dei Gai che non viene sommerso quando la golena si allaga delle acque del Livenza.
In comune di Gaiarine, distante circa 3 km, c’è la Mutèra di Campomolino. L’azimut misurato dal professor Romano in questo sito è risultato corrispondente al sorgere di astri aventi la declinazione pari a +23°5, la direzione cioè del solstizio d’estate. Infine nella vicina città di Oderzo, in località Colfrancui, è presente una Mutèra più volte indagata dagli archeologici. L’origine è paleoveneta, la struttura venne utilizzata anche dai Romani. Le misure eseguite su questa struttura hanno dimostrato come, «un terrapieno sia diretto sul punto dell’orizzonte in cui leva il Sole nel solstizio d’inverno; un altro invece punta verso la Luna quando essa si trova nel suo punto di stazione che raggiunge ogni 18.6 anni. La direzione di un fossato – annotò il professor Romano – è invece quella della levata del Solstizio estivo».
I Veneti Antichi collocavano i loro santuari vicino all'acqua. Riprova ne è l'importante sito archeologico di Làgole, sito a valle del paese di Calalzo di Cadore in provincia di Belluno. Si è a conoscenza nei Veneti Antichi, del culto dell'acqua medicamentaria (o per lo meno ritenuta tale), mediante la quale la divinità interveniva dando la guarigione.
Le mutère e i castellieri, compresi quelli presenti nel territorio di Mansué, sono stati riportati in modo sistematico nella cartografia nel corso dei secoli. Illustrati con dovizia di particolari ad esempio nella Kriegskarte, la carta di Anton von Zach rilevante il Ducato di Venezia durante l’Impero Austroungarico, redatta dal 1798 al 1805.
In realtà queste presenze erano ben più numerose, molte sono scomparse travolte dalla falce dell’antropizzazione sfrenata. Ciò che rimane, come le due preziose strutture di Mansuè, costituisce testimonianza preziosa da custodire e valorizzare, considerato che risalgono a migliaia d'anni fa, voci di un passato remoto ed importante.
